Dopo giorni di attesa, finalmente sono uscite le disposizioni sullo smart Working. È evidente che l'amministrazione attendesse con ansia i dpcm emanati da Conte, ma al gioco delle deresponsabilizzazioni questa volta ha prevalso la tesi federalista, da cui testi vaghi che non sostengono obblighi, ma precauzioni da buon padre di famiglia.
In questo clima di incertezza e di paura, in un ambito decisionista se si parla di produttività, ma prudente alla voce salute dei lavoratori, trovano in sostanza conferma le ultime disposizioni del Direttore Generale, oggi solo integrate da una nota in cui, a discrezione delle direzioni, si concederanno, come fossero elemosina, 4 giorni in più. Alla faccia degli assembramenti sui mezzi pubblici o del picco di contagi sui posti di lavoro.
La montagna ha quindi partorito un topolino!
Non prendiamoci in giro: il limite massimo di 10 giorni di smart working non arriva nemmeno ad un risicato 50%, ancor più bassi si rimane sui settori impegnati su 6 giorni, nonostante il DPCM ed il testo ministeriale sullo Smart working pur nella loro fumosità spingano per una percentuale di almeno il 50%, 75% suggerito alla bisogna (quale situazione più meritevole se non quella inserita in un coprifuoco?)
Si demanda il tutto ai Direttori di settore, replicando il perverso meccanismo che crea disparità di trattamento. Si è perso inutilmente tempo senza affrontare la questione lavoro agile apportando un accordo che ne migliorasse i contenuti salariali.
Si emanano indicazioni per la messa in sicurezza delle postazioni, ma ci chiediamo: nei mesi scorsi cosa è stato fatto? È da tempo che si ipotizza che l'emergenza Covid durerà a lungo, cosa si aspetta a mettere in sicurezza i luoghi di lavoro?
Nel frattempo in Lombardia i contagi salgono vertiginosamente, i reparti di terapia intensiva si stanno velocemente saturando. Certo, fortunatamente non siamo ai tragici livelli di mortalità di pochi mesi fa, nel frattempo le cure mediche sembrano più adeguate. Ma in pieno inverno? E nel pieno della saturazione del SSN, cosa succederà? Ci chiuderemo in casa a pregare ed a raccontarci che si poteva fare di più?
Le ultime disposizioni: governative, regionali, comunali sembrano recitare il mantra: prima il profitto! Sembra il film già visto di fine febbraio/inizio marzo scorso. Non si punta il dito sul trasporto pubblico ed i luoghi di lavoro (fabbriche, uffici poco spaziosi o sovraffollati, aule scolastiche piene di alunni o bambini), lì gli assembramenti maggiori e temporalmente più lunghi. È lì che bisogna intervenire con la prevenzione, non sulla generica libertà di movimento .
Favorire ed incrementare al massimo lo Smart working non vuol dire fermare l'economia, ma curarsi della società, rendendola preparata ad affrontare l’epidemia attraverso consapevolezza e partecipazione, per evitare allargamento dei contagi che renderebbe necessario un secondo pesante lockdown. Eravamo quelli che a fine febbraio chiedevano prudenza, siamo quelli che anche oggi portano avanti la stessa posizione.
Concludiamo con un appello a maggior sicurezza e prevenzione.
L'amministrazione continua ad essere vaga sui tempi di sanificazione. Non c’è più tempo, i numeri aumentano. È ora che le sanificazioni siano rese pubbliche ai lavoratori e siano frequenti, molto più frequenti, non solo (forse) al momento della rilevazione di una positività.
I meccanismi di allerta nei casi di lavoratori positivi o dubbi devono essere immediati ed ispirati alla massima sicurezza e prevenzione. Nulla deve essere lasciato al caso!
Per chi non lo ricordasse ci troviamo di fronte a pesanti responsabilità morali e penali: invitiamo tutti i colleghi a contattarci per segnalarci le situazioni di rischio.