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Bollettino Prendiamo la Parola n. 55 PDF Stampa
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Giovedì 17 Settembre 2015 00:00

Bollettino Prendiamo la Parola n. 55

in questo numero:
  • Privatizzazioni il vento non cambia
  • Contratti Pubblici: Salari, Diritti, Autorganizzazione
  • Dipendenti Pubblici: come ti creo la disinformazione
  • Rinnovi contrattuali: partenza in salita
  • Congedo parentale più lungo
  • Riflessioni a ruota libera
  • Assenze per patologie e malattia ad ore
  • Congedo per cure per gli invalidi
  • Scuole comunali: il rapporto di lavoro del personale Ata e degli insegnati
  • Che fare?
  • Province: tagli agli stipendi del personale in mobilità

Privatizzazioni il vento non cambia

Dopo aver raccolto il voto dei milanesi con la promessa della difesa dei beni comuni la giunta Pisapia, come era prevedibile, non ha esitato a privatizzare servizi essenziali e delicati per la cittadinanza.

Così a fine luglio è stata portata a termine l’esternalizzazione del crematorio di Lambrate, nonostante fosse sufficiente l’assunzione di pochi lavoratori per garantire il servizio pubblico e nonostante gli scandali di alcuni anni fa che colpirono proprio la dirigenza del settore si è deciso di dare in mano ai privati un servizio così delicato.
E’ del 27 agosto la nota che annuncia l’estensione dell’affidamento delle attività di supporto connesse al servizio di refezione scolastica a partire dal 1 settembre.
In questo caso aberrante la giustificazione del misfatto: “In quanto l’incremento delle cessazioni e delle parziali idoneità alla mansione del personale ausiliario non consente più di assicurare il servizio necessario attraverso la gestione in economia”.
Inutile dire che la mancanza del personale è colpa di una gestione politica sia locale che nazionale miope che con la scusa del debito Pubblico sta smantellando il servizio pubblico.
Nonostante i forti tagli sul pubblico impiego e il blocco contrattuale il debito pubblico è passato dai 1350 miliardi del 2001 ai quasi 2300 miliardi del 2014, chi ha sperperato questi soldi?
Non certo i lavoratori pubblici in forte diminuzione e con il contratto fermo da anni.
Sulla parziale idoneità del personale il problema è stato ampiamente denunciato dai medici competenti durante le riunioni periodiche per la sicurezza del lavoro e dagli R.l.s. ed è stato evidenziato che sarà un problema in aumento in mancanza di nuovo personale fresco e giovane.
Ed allora su questo principio quanti e quali saranno i servizi esternalizzati?

 

Contratti pubblici: Salari, Diritti, Autorganizzazione

Come sapete, i contratti del pubblico impiego sono fermi dal 2009. Ciò vuol dire che mentre il costo della vita è continuato ad aumentare, i nostri salari sono rimasti al palo e quindi il nostro potere d'acquisto è diminuito in modo drastico. Dopo aver pagato il mutuo o l'affitto e le bollette, cosa ci rimane?
Lo scorso 24 giugno la Corte costituzionale ha dichiarato incostituzionale il blocco dei contratti pubblici, ma solo dal giorno successivo alla pubblicazione della sentenza. Ovvero, niente arretrati.
Da allora si è ricominciato a parlare di rinnovo dei contratti. Non dobbiamo però farci illusioni. Vi è infatti  il rischio concreto che le segreterie nazionali di CGIL CISL e UIL vadano a firmare contratti peggiorativi, recependo nella parte normativa i contenuti delle varie "riforme " del pubblico impiego (da Brunetta in poi) in cambio di aumenti salariali poco più che simbolici.
Noi vogliamo invece che i nuovi contratti recuperino il potere d'acquisto perduto, e che neutralizzino gli effetti perversi di "riforme"  punitive per i lavoratori e negative per i cittadini, in quanto favoriscono il taglio e la privatizzazione dei servizi.
Diventa dunque necessaria una decisa mobilitazione dei lavoratori pubblici, che non devono delegare a nessuno - tanto meno alle istituzioni dello stato borghese - la difesa dei propri diritti e dei propri interessi.
Solo con l'autorganizzazione e la lotta potremo ottenere il riavvio della contrattazione nazionale e il miglioramento delle nostre condizioni di lavoro.

Dipendenti Pubblici: come ti creo la disinformazione

La campagna contro i lavoratori pubblici continua dalle pagine di alcuni giornali per alimentare la disinformazione e i luoghi comuni
Secondo quanto riportato dal quotidiano Il Tempo del 31 agosto 2015 i salari del pubblico impiego sarebbero assai superiori a quelli del privato. Lo scopo è evidente aizzare l’opinione pubblica in vista dei rinnovi contrattuali.
Nonostante il blocco lavorano meno e guadagnano troppo, ben il 23,4% in più.
Quindi la nostra richiesta di rinnovare i contratti e di calcolare gli aumenti in base al reale costo della vita non ha senso. Non solo giustificata dal pareggio di bilancio in costituzione e dal fiscal compact ma da ragioni pratiche e di opportunità (della serie "invece di pagare i fannulloni” aumentate le pensioni sociali).
I dati del Tempo sono attinti dall'Aran che parla di una media della retribuzione pubblica pari a 34.286 euro, quando nel privato la media è di 27.772 euro.
I dati non sono taroccati ma non tengono comunque conto dello stipendio dei dirigenti che si portano a casa stipendi superiori di 10\15 volte a quelli di un livello medio, per non parlare poi dei bassi livelli degli enti locali che in un anno hanno un cud di poco superiore a 23 mila euro lordi con qualche straordinario compreso, una cifra assai più bassa della media delle retribuzioni nel privato.
Dati alla mano allora si scopre l'inganno, ossia che nel conteggio sono inclusi i quasi 7000 tra dirigenti e segretari comunali per non menzionare poi i titolari delle posizioni organizzative.

La sperequazione salariale negli enti locali regna sovrana e viene alimentata da meccanismi contrattuali che hanno relegato la contrattazione stessa a materie insignificanti.
Ci sono poi stipendi come quelli dei magistrati o dei diplomatici che superano anche 100 mila euro annui e queste cifre determinano le statistiche.
Ma i lavoratori e le lavoratrici pubblici non sono identificabili con dirigenti, diplomatici e magistrati o rettori universitari, basterebbe riportarlo per ripristinare qualche piccola verità. La stragrande maggioranza dei dipendenti enti locali ha uno stipendio che si aggira attorno a 25 mila euro lordi, meno della media del privato, questo è il vero dato.

Rinnovi contrattuali: partenza in salita

Sono solo 1,66 miliardi di euro le risorse previste per il 2016

In un articolo precedente abbiamo evidenziato come certa stampa manipoli artificiosamente le notizie sul pubblico impiego.
Le informazioni che seguono ci faranno capire lo scopo di tale disinformazione.
Nel mese di settembre stanno circolando le  prime indiscrezioni sugli importi destinati ai rinnovi contrattuali.
Le cifre indicate nel documento di finanza indicano un possibile impegno di spesa per il 2016 di 1,66 miliardi di euro, che salgono a 4,16 miliardi nel 2017 e a 6,69 miliardi nel 2018.
Le differenze dipendono soprattutto dall’inflazione dato che questa si manterrà su livelli ancora bassi nei primi anni
per poi salire.
Ecco quindi che l’impatto dello sblocco per i dipendenti pubblici potrebbe essere in media di circa 30 - 40 euro al mese lordi nel 2016.
Parte di questi denari ovviamente tornerebbe nelle Casse Statali per via del prelievo fiscale.
Da considerare anche l’incognita del bonus degli 80 euro: in alcuni casi gli aumenti, innalzando il reddito, potrebbero rischiare di far perdere il bonus.
Insomma l’ennesima fregatura.

Congedo parentale più lungo

Più tempo per beneficiare del congedo parentale facoltativo: possibilità che passa dai 3 ai 6 anni di età del bambino perché si possa fruire di quello retribuito al 30% e dagli 8 ai 12 anni per quello non retribuito, la cui durata resta comunque di 6 mesi per il genitore.

Riflessioni a ruota libera

Alle volte è utile comporre ragionamenti a voce alta che rispondano al classico quesito “che fare?”.
Contestualizziamo sinteticamente:

  1. Limiti imposti dalla Legge di Stabilità sorvegliati dalla Corte dei Conti.
  2. Limiti indotti dal ddl Delrio (il decreto che abolisce le Province).
  3. Limiti legati alle possibili modalità d’assunzione, in grado di avvantaggiare alcune categorie di lavoratori invece che altre, a seconda che la situazione delle graduatorie esistenti sia conveniente o meno.
  4. Limiti politici che ci impongono di superare i differenti limiti.

Il piano occupazione di per sé pone un recinto normativo molto “limitato”, difficile da forzare. Di fatto da molti anni le rivendicazioni sindacali si sono arenate davanti a queste imposizioni rispetto a cui l’attività sindacale strettamente intesa è costretta a fare i conti. Stessa sorte sembra vivere quest’inizio di dibattito sulle politiche occupazionali fra Comune di Milano ed organizzazioni sindacali, un inizio che per il momento annovera semplice-mente due incontri formativi e la promessa di una prossima convocazione per iniziare il tavolo vero e proprio.
Il tavolo che tratterà il prossimo piano triennale potrà quindi, dopo anni di mancate assunzioni e di audaci reinternalizzazioni a costo zero (su tutti Equitalia e 020202, a costo zero nel senso che non sono seguite assunzioni) e nuove esternalizzazioni (a partire dalla più recente legata ai servizi funebri), rifornire di nuova linfa una struttura comunale sempre più stressata e sotto organico. E’ ampia la distanza  fra il fabbisogno dichiarato dall’ente stesso attraverso i suoi dirigenti e la disponibilità degli stessi dirigenti dell’ente di assumere nuovo personale, distanza prodotta dal recinto normativo già citato e dalla sua interpretazione in senso restrittivo.
Impostare il tavolo su un piano strettamente burocratico, in cui porre altre interpretazioni alla legge oppure trovare soluzioni tecniche accessibili senza aver lavorato sulla necessità politica di avviare una nuova stagione di assunzioni è però un errore strategico tanto palese quanto frequente. In una trattativa, ricordiamo, esistono almeno due soggetti differenti con differenti punti di vista il cui obiettivo è chiudere la propria azione con un compromesso il più vicino possibile al proprio punto di vista. Altrimenti non vi sarebbe trattativa ma una semplice comunicazione informativa.
In ballo, in questo caso specifico, c’è la vita lavorativa dei dipendenti dell’ente, la sostenibilità delle incombenze a questi quotidianamente assegnate. A vedere la situazione da un altro punto di vista, più in generale si discute sulla quantità e la qualità dei servizi al cittadino che l’ente vuole gestire direttamente.
A questo punto potremmo decidere di analizzare le possibilità ed i limiti che abbiamo davanti a noi  in un primo momento attraverso una chiave di lettura puramente sindacale, cercando gli inghippi legislativi in grado di farci ottenere migliori risultati. Poniamo anche di averli trovati e di doverci a questo punto assumere l’onere di difenderli per tutto il tavolo e di chiudere solo nel momento in cui abbiamo raggiunto i nostri obiettivi. Al primo intoppo, al primo diniego da parte dell’amministrazione, come intendiamo comportarci? Presumibilmente metteremo in campo iniziative volte a spostare il rapporto di forze. Ci par scontato quindi porre all’orizzonte una convocazione unitaria d’assemblea dell’ente come primo passaggio atto a costruire una piattaforma rivendicativa che coinvolga a questo punto direttamente i lavoratori per far gioco sui rapporti numerici. Siamo inoltre consapevoli che qualsiasi risultato in una partita in cui in ballo ci sono soldi pubblici per la gestione di servizi pubblici è legato anche all’autorevolezza pubblica delle istanze presenti al tavolo. La storia ci insegna che se i fondi vengono ritenuti socialmente necessari è più semplice riuscire a sbloccarli o ad aumentarli.  Se quindi c’è un consenso popolare è possibile ottenere vittorie attraverso scelte politiche che superino le normative vigenti. Appunto ad un piano sindacale si aggiungerebbe un piano politico in grado di superare i limiti più strettamente burocratici in favore di un maggior investimento nel campo del servizio pubblico.
Piano sindacale e piano politico, nell’intero arco d’una iniziativa sindacale, non sono quindi due dimensioni parallele, anzi si possono considerare due piani che vivono grazie proprio a continue intersezioni. Così è stato agli albori del sindacalismo, in cui rivendicazioni sia sindacali sia politiche han portato i lavoratori ad ottenere un migliore orario di lavoro, maggiori garanzie, miglioramenti salariali e, non per ultimo, un sistema di welfare in grado di aiutare la vita del lavoratore anche al di là dell’orario di lavoro. Ai tempi si usciva con maggior naturalezza dal selciato normativo per esprimere direttamente lotte politiche in grado di portare a casa fondamentali conquiste. Questo tipo di atteggiamento ha contraddistinto l’attività sindacale per lungo tempo, fino all’era della concertazione. A questo punto, sembra che l’attività sindacale debba rinchiudersi nella gestione di tavoli in cui le regole del gioco sono già definitivamente scritte ed i limiti imposti per legge.
Lo stesso scenario ci viene presentato ora, in un’epoca in cui l’input politico è quello semplicemente di risparmiare il più possibile, a scapito al più dei servizi pubblici e sicuramente a danno del personale del pubblico impiego. Sono iniziate alcune partite per cui gli enti che la vulgata vuole “inutili” sono stati rottamati. Una generale stretta sui conti (è più trendy chiamarla spending review) impone misure a scapito degli organici del pubblico impiego e dei servizi, a svantaggio fra l’altro anche del welfare conquistato decenni fa: se la concertazione da prassi non riesce ad offrire una risposta sui numeri e sulla difesa dei servizi va posto a questo punto un problema politico. In questo modo, nel nostro caso specifico del piano triennale sulle politiche occupazionali di questo ente, il minimo comune denominatore dell’assunzione a tempo indeterminato (anche differita nei prossimi 3 anni) di tutti i precari che negli ultimi anni hanno prestato servizio all’ente e della riduzione del gap fra fabbisogno e personale in servizio deve diventare una vertenza politica attraverso cui vanno rimesse in discussione le politiche aziendali e sociali e va forzato il recinto normativo che in questi anni ha contribuito a determinare l’austerity.
Il sindacato deve tornare a fare politica. Non tanto appoggiando qualche candidato o diventare il fianco di qualche partito politico quanto tornando ad essere promotore di vertenze politiche in grado di ridefinire una realtà e di ricostruire un piano di lotta in grado di ripercorrere la linea progressiva della conquista dei diritti. Al tavolo delle politiche occupazionali devono idealmente sedere i 14600 dipendenti dell’ente più il personale precario.

Assenze per patologie e malattia ad ore

La sentenza del Tar del Lazio (n. 5714 del 17 aprile scorso) annulla la circolare n.2/2014 del Dipartimento della Funzione Pubblica che stabiliva che i pubblici dipendenti, anche per effettuare un semplice prelievo o una radiografia prescritti dal medico, dovevano utilizzare i permessi straordinari per motivi personali (massimo 3 giorni l’anno) oppure i giorni di ferie.
Viene ora riconosciuto il pieno diritto del dipendente ad essere considerato regolarmente in malattia anche non per una intera giornata di lavoro.
Anzi la sentenza del Tar indica che per tale problema è necessario identificare una nuova tipologia di assenza e questo può essere regolato dalle trattative a livello nazionale.
Il Ministero della Pubblica Istruzione con nota 7457/2015 ha recepito quanto sancito dal Tar.
Mentre allo stato attuale il comune di Milano tace e non dirama istruzioni in merito.
In data 13 agosto i delegati dello Slai Cobas e del Sial Cobas hanno inoltrato formale comunicazione all'amministrazione chiedendo la disapplicazione del comunicato di servizio n. 9 del 6 maggio 2014 fino ad oggi non abbiamo avuto alcuna risposta, speriamo di non dover ricorrere alle vie legali.

Congedo per cure per gli invalidi

Probabilmente non tutti sono a conoscenza che i lavoratori mutilati e invalidi civili con una riduzione della capacità lavorativa superiore al 50% possono fruire ogni anno, anche in maniera frazionata, di un congedo per cure per un periodo non superiore a 30 giorni (art. 7 del d.lgs. 119/2011).
Il periodo di congedo viene retribuito secondo il regime economico delle assenze per malattia e non rientra nel periodo di comporto.
Per maggiori notizie si può vedere il Comunicato di servizio N. 14 del 27 settembre 2011.

Scuole comunali: Il rapporto di lavoro del personale ATA e dei docenti

La Circolare n. 3 del 2015 del Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione ha cercato di fare chiarezza sull'argomento.
Sostanzialmente viene data la possibilità di assumere personale a tempo determinato per le due categorie citate anche se l'ente deve sempre valutare attentamente la durata del rapporto di lavoro.
La circolare va ad aprire un varco là dove sembrava non si potesse più usare lo strumento del lavoro a tempo determinato.
Da un lato ciò può dare ai lavoratori precari la speranza di ulteriori assunzioni, ma ci auguriamo che non sia un appiglio per rinviare le assunzioni a tempo indeterminato.

Che fare?

È chiaro a tutti che la situazione dei lavoratori in Italia è in netto peggioramento.
I lavoratori pubblici, stanno subendo un duro attacco, che oltre a smantellare il servizio pubblico, ha lo scopo di distrarre l’opinione pubblica sul peggioramento delle norme del lavoro privato.
In ogni caso si presenta un quesito come opporsi a tutto cio?
La strada della concertazione tanto cara ai confederali si è dimostrata inefficace, quando non è sfociata nel tradimento verso i lavoratori.
Le lotte contro le privatizzazioni troppo spesso sono state puramente formali, giusto per cercare di salvare la faccia. Troppo spesso le lotte sono state ingabbiate da leggi restrittive, cavilli giuridici, tavoli di concertazione.
Come già detto nell’articolo precedente in passato era più chiaro la necessità di rompere le regole, di andare oltre gli ostacoli legali posti dalla politica in combutta con i padroni. Oggi questo coraggio è venuto a mancare. I lavoratori devono riprendere le redini del loro futuro non delegare più a nessuno la difesa dei loro diritti.
Bisogna rompere la cosiddetta pace sociale durante le trattative, dobbiamo fare pressione alla controparte, far sentire la nostra presenza.
Organizzare presidi durante le trattative più importanti, mostrare chiaramente che non siamo più disposti a subire.
La storia del movimento sindacale ci ha fornito svariati esempi di lotta.
Oggi questi strumenti ci sembrano obsoleti, reperti preistorici di un'altra epoca, ma è un impressione errata provocata dai tradimenti di una certa sinistra e di organizzazioni sindacali corporative.
Dobbiamo renderci conto, che lottare per i nostri diritti non è un’azione sterile senza speranza, ma un investimento (magari a lungo termine), per noi e per i nostri figli. Il cammino non è semplice e tanti danni sono stati già fatti, ma non possiamo tirarci indietro, più il tempo passa e più lungo sarà il cammino per recuperare i diritti persi.
La storia è fatta di alti e bassi e crisi periodiche, ciò ci dimostra che è possibile invertire la rotta e riconquistare i nostri diritti, dobbiamo convincerci che possiamo farcela.

Province: tagli agli stipendi del personale in mobilità

Il dipendente che si sposta in un comparto pubblico diverso da quello di appartenenza, e che nel suo posto di lavoro ha uno stipendio superiore a quello previsto nella nuova destinazione, manterrà il trattamento fondamentale e accessorio «limitatamente alle voci con carattere di generalità e natura fissa e continuativa» e sempre che l’ente di destinazione abbia le risorse necessarie, con la conseguenza che un pezzo di busta paga rischia di saltare.
La riforma delle Province prevedeva un meccanismo diverso: in caso di mobilità, spiega infatti il comma 96 della legge Delrio, il dipendente in uscita delle Province si sarebbe dovuto portare dietro «le corrispondenti risorse» necessarie a garantirgli «il trattamento economico fondamentale e accessorio in godimento all’atto del trasferimento».
Ciò non è stato rispettato, e quindi ora non vi è più la garanzia della parità del trattamento economico.
Un precedente pericoloso che tutti i dipendenti pubblici devono contrastare.

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Ultimo aggiornamento Giovedì 01 Ottobre 2015 13:12
 
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